Non può essere considerato reato l’installazione di telecamere sulle postazioni di lavoro fisse dei dipendenti da parte del datore di lavoro, se vi è stato un preventivo accordo delle rappresentanze aziendali come previsto dalla Legge n. 300/1970. Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22611 pronunciata lo scorso 11 giugno, annullando quella precedente che riteneva responsabile un’imprenditrice pisana della violazione dell’art. 4 della Legge sopra menzionata, a fronte dell’installazione nella propria azienda di un sistema di videosorveglianza costituito da quattro telecamere.
Ad innescare l’iter giudiziario sarebbero state due delle suddette telecamere, il cui mirino sarebbe stato rivolto direttamente sulla postazione di lavoro di alcuni dipendenti. Nonostante mancasse un accordo con le rappresentanze sindacali, la condotta dell’imprenditrice non è stata giudicata una violazione dell’art. 4, dal momento che era stato acquisito un preventivo assenso di tutti i dipendenti, mediante la sottoscrizione – per loro mano – di un documento esplicito di autorizzazione alle riprese sul posto di lavoro. Secondo quanto si legge sulla sentenza, infatti, l’ipotesi di reato cade poiché “non può essere ignorato il dato obiettivo – ed indiscusso – che, nel caso che occupa, era stato acquisito l’assenso di tutti i dipendenti attraverso la sottoscrizione da pare loro di un documento esplicito“.

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