Evidentemente in Slovacchia ci sarà qualche regola particolare che trasforma i lavoratori in vampiri. Sono proprio gli slovacchi, infatti, a guidare con uno scarto davvero anomalo la classifica della percentuale di occupati che lavora abitualmente di notte, con il 18,3 per cento del totale. Distanziando i britannici (11,3%) e i maltesi (11,1%). I tedeschi, con il loro 9,6%, si collocano decisamente al di sopra della media europea, che è del 7,8 per cento. Noi italiani, invece siamo pochi decimali al di sopra della media dell’Ue, con l’8,1%. I più fortunati a quanto pare sono i ciprioti, che con il loro 2,5% di occupati che lavorano di notte sono i recordman assoluti in senso opposto. Seguono polacchi (3,2%) e portoghesi% (3,3%). Chissà che ben presto non vengano raggiunti anche loro dai benefici effetti della globalizzazione.
Sì, perché lavorare di notte, dicono tutti gli esperti, non è naturale, e fa male alla salute. Anche se lo vogliono i «mercati» – la spiegazione apodittica e definitiva con cui oggigiorno si motiva ogni richiesta di sacrificio a chi lavora o paga le tasse – una montagna di studi certificano che noialtri esseri umani siamo costruiti da migliaia di anni sulla base di processi fisiologici (il metabolismo basale e i cosiddetti ritmi circadiani), psicologici (la memoria a breve termine) e sociali (l’interazione con la famiglia e le altre persone) che prevedono di essere attivi di giorno e inattivi di notte. Lavorare di notte sconvolge tutto questo: si verificano più infortuni, dicono le statistiche dell’Inail, si moltiplicano le malattie e gli stati di stress, si fa una vita isolata dal resto della compagine sociale. Un prezzo che molti pagano (volontariamente o meno) pur di sbarcare il lunario. A maggior ragione in questi tempi di crisi.

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