C’è chi già dice che sia un Ufo, chi una vecchia base sottomarina sovietica e chi più prosaicamente insiste sull’esistenza, al fondo del Golfo di Botnia, fra la Svezia e la Finlandia, di un gigantesco deposito di metano risalente all’epoca glaciale. L’unico modo per scoprirlo è immergersi e osservarlo da vicino, ma la colossale formazione solida perfettamente circolare – 60 metri di diametro e 188 metri di circonferenza, a 87 metri di profondità – non si lascia avvicinare. Gli strumenti dei sub vanno in tilt e nuovo mistero si aggiunge al mistero.
La scoperta è merito di una coppia di sommozzatori-ricercatori di tesori sommersi svedesi, Dennis Aasberg e Peter Lindberg che, nella primavera del 2011, stavano perlustrando con la loro videocamera subacquea il fondo marino al largo dell’isola di Aland. La notizia del rinvenimento del «cerchio misterioso» fece rapidamente il giro del mondo e l’interesse suscitato fra esperti di sottomarini, astronomi, biologi, geologi – ed avventurieri – ha fatto insorgere le più disparate supposizioni sulla natura della costruzione: un veicolo spaziale, il coperchio di roccia di un deposito gigantesco di metano, una base segreta di sommergibili sovietici risalente alla Guerra Fredda. Oppure uno sbarramento costruito dai tedeschi negli anni Quaranta per impedire il transito di sottomarini russi nel Golfo di Botnia.
Quest’ultima ipotesi è sostenuta dall’ex contrammiraglio della marina svedese Anders Autelius il quale ha una lunga esperienza in materia, avendo egli stesso diretto i lavori di «trappole» analoghe. «Si gettava una base circolare di cemento – spiega – e, come si può vedere dai fori rimasti nella costruzione ora scoperta, vi si attaccavano dei ganci i quali sostenevano enormi reti circolari tenute tese da grandi boe superficiali. Alla rete venivano appese mine magnetiche. E forse è per questo che nessun sottomarino sovietico uscì dal Golfo di Botnia durante tutta la seconda guerra mondiale».
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